Dalla pizza al ripieno: perché la ricetta del Trapizzino è così buona
Basta un morso per sentire in bocca tutto il sapore della tradizione avvolto in una pizza digeribile, morbida ed elastica, fatta a regola d’arte. Il primo Trapizzino fu quello farcito con il pollo alla cacciatora: un gusto storico, tutt’ora presente nel menu, che mette insieme con successo la pizza e una delle più famose ricette romane, per un risultato dalla bontà travolgente.
Ma perché il Trapizzino è così buono? Innanzi tutto, è un cibo pratico, costituito da una pizza bianca triangolare, chiusa ai lati a formare una tasca e riccamente farcita. Poi è fatto con il lievito madre, un ingrediente che rende l’impasto più buono e digeribile.
Il lievito madre appartiene all’antica arte di fare il pane dell’Italia meridionale, un’abilità che si tramanda da più di un secolo di generazione in generazione. Affinché il lievito madre rimanga vivo, va accudito ogni giorno nutrendolo con la farina e con l’acqua. Il risultato lo sentirai provando la base del trapizzino romano di Stefano Callegari, croccante fuori e morbida dentro, una vera e propria eccellenza preparata con dedizione e pazienza.
È il tempo uno degli elementi fondamentali per la buona riuscita dei Trapizzini di Callegari: sappi che per fare circa 10 Trapizzini ci vogliono ben due giorni, periodo necessario alla lievitazione dell’impasto e alla preparazione dei vari ripieni secondo le migliori ricette di una volta.
Una buona base, da sola, non basta a spiegare la fortuna del Trapizzino romano che, partito da un locale del famoso quartiere di Testaccio, è sbarcato persino a New York. La cura che Stefano Callegari mette da sempre nei suoi prodotti si riconosce anche nell’attenta selezione delle ricette con cui il Trapizzino viene farcito. L’obiettivo? Regalare ai clienti una vera e propria esperienza di gusto.